Una storia sbagliata

All’Auditorium Scuola Barsanti giovedì 25 maggio, uno spettacolo in occasione del 30° anniversario della Strage dei Georgofili

Il Quartiere 4 di Firenze, in occasione del 30° anniversario della Strage dei Georgofili, presenta Mauro Monni e Roberto Di Maio nello spettacolo Una storia sbagliata. Ragione di Stato o Stato di ragione, scritto e ideato da Mauro Monni. Regia Mauro Monni e Roberto di Maio.

Appuntamento all’Auditorium della Scuola Barsanti, via Lunga 94, Firenze, giovedì 25 maggio 2023, alle 21.15. Ingresso libero. Informazioni: 055/2767108.

Lo spettacolo è la storia della trattativa che ha sconfessato le morti di Falcone e Borsellino.

Sinossi. Com’è stato possibile che Ministero dell’Interno, Procure e le molte agenzie di servizi segreti abbiano potuto permettere tutto ciò che stava accadendo nel nostro Paese? Può dichiararsi democratica una nazione che decide di scendere a patti con la criminalità organizzata invece di combatterla con tutte le forze a disposizione? È quello che provano a spiegare e a spiegarsi, un ex giornalista d’inchiesta e un dirigente statale che all’epoca dei fatti comandava una di quelle agenzie sotterranee, create proprio per gestire e controllare la salvaguardia delle istituzioni. Un dialogo diretto, franco e senza sconti, tra due personaggi che hanno vissuto il periodo buio delle stragi di mafia del '92 e '93 su sponde opposte senza mai accettare compromessi; con aneddoti e rivelazioni che faranno ripercorrere allo spettatore la cruda realtà che, da sempre, contraddistingue questa complicata e meravigliosa nazione chiamata Italia.

Storia. Con la fine degli anni ‘80 e il crollo del Muro di Berlino, che stravolse l’equilibrio geopolitico internazionale, in Italia si creò un vuoto che la criminalità organizzata cercò di riempire in qualsiasi modo. Un pericolo che venne colto dalla Procura di Palermo, e soprattutto dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i quali, nonostante le mille difficoltà e gli ostacoli promossi da colleghi e forze politiche avverse al cambiamento, riuscirono a dar vita al primo e storico maxiprocesso nei confronti delle cosche mafiose che stavano dominando in Sicilia. Un evento che per la prima volta condannò all’ergastolo centinaia di affiliati a Cosa Nostra. Sentenza che cambiò radicalmente i rapporti esistenti tra Mafia e potere politico visto che, non riuscendo più a garantire l’immunità penale come accaduto fino a quel momento, quest’ultimo finì per diventare il bersaglio delle ritorsioni dei nuovi padrini. Prima prova di questo cambiamento fu il plateale assassinio di Salvo Lima, uomo di riferimento in Sicilia del Senatore Giulio Andreotti, e di una gran fetta della Democrazia Cristiana. Il varo di leggi restrittive (come ad esempio il 41 bis che inasprì le condizioni carcerarie dei detenuti) fu visto come una vera e propria sfida delle istituzioni alle cosche, le quali decisero di rispondere a loro modo, organizzando la strage di Capaci dove persero la vita il Giudice Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta. Come purtroppo sappiamo, da quel momento l’Italia non fu la stessa. Ma sono anche gli anni della tempesta di Tangentopoli, lo scandalo che annientò Parlamento e partiti politici, segnando così il destino di tante personalità, simbolo della Prima Repubblica. L’assassinio di Falcone e le gravi minacce sanguinarie relative lasciarono ovviamente il segno e fu per questo motivo che alcuni apparati di controllo presero la decisione di intavolare una trattativa sotterranea che potesse far cessare il bagno di sangue promesso. La mafia quindi si sentì in qualche modo “riconosciuta” dalle istituzioni stesse, e questo le permise di alzare il tiro nelle condizioni da proporre ai rappresentanti dei servizi segreti. La successiva strage di via d’Amelio però, dove un’autobomba mise fine al sogno di Borsellino di proseguire il lavoro iniziato dall’amico Falcone, fece capire a tutti che non erano solo le cosche siciliane a volere il sangue, ma anche i grandi poli industriali del nord che tanti capitali avevano investito nei rapporti con Cosa Nostra. Il pugno duro dello Stato fece cambiare strategia ai Corleonesi di Totò Riina, divenuto nel frattempo capo riconosciuto della Mafia siciliana: infatti, e storicamente per la prima volta, le azioni sanguinarie si spostarono fuori dall’isola. Testimonianza del nuovo modus operandi furono la bomba che distrusse l’Accademia dei Georgofili di Firenze la notte tra il 26 e il 27 maggio ‘93, e quelle del 27 luglio, fatte esplodere simultaneamente in via Palestro, a Milano, e al Velabro e alla Basilica di San Giovanni Laterano, a Roma...

Una storia sbagliata. Ragione di Stato o Stato di ragione
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