Ponte dei Cazzotti...che non c'è

La storia del cosiddetto Ponte dei Cazzotti, un manufatto oggi scomparso ma di significativa importanza storica e simbolica per la memoria collettiva locale

La storia del cosiddetto Ponte dei Cazzotti, un manufatto oggi scomparso ma di significativa importanza storica e simbolica per la memoria collettiva locale. Il ponte, abbattuto recentemente per motivi legati alla sicurezza idraulica, fu teatro di eventi rilevanti durante la Seconda guerra mondiale, quando divenne luogo di scontri tra civili e forze fasciste, nonché punto nevralgico di passaggio per la Resistenza. Attraverso fonti storiche, testimonianze e documentazione d’archivio, si ripercorrono le vicende che ne hanno segnato l’identità, evidenziando il ruolo del ponte non solo come elemento infrastrutturale, ma anche come spazio di conflitto, solidarietà e memoria.

Monte Morello con i 934 metri di Poggio all’Aia, la sua punta più alta, è da sempre la montagna dei fiorentini e qui confluirono fin dal 1943 gli antifascisti che dettero poi vita alle
brigate partigiane. Per la posizione strategica e per il facile accesso anche dalla città, fu teatro di numerosi scontri fra partigiani e nazifascisti.
Cercina, dall’etrusco Hersina, ovvero luogo aperto e soleggiato, piccola frazione alle pendici orientali del Monte Morello, noto per la Pieve romanica di Sant’Andrea, all’alba del 10 aprile
1944, fu teatro di un tragico avvenimento che coinvolse la piccola comunità. I soldati della Divisione Hermann Göering compirono razzie nelle case e rastrellarono gli uomini del borgo
rurale con lo scopo di dare un chiaro messaggio agli abitanti dei poderi che favorivano la Resistenza. In contemporanea, una pattuglia tedesca prese in ostaggio sette uomini che poi
furono fucilati. I loro corpi, nascosti sotto un mucchio di pietre, saranno rinvenuti solo alcuni giorni dopo dalla madre di una delle vittime.
La località si lega anche alla tragica sorte di Radio CoRa (Coordinamento Radio) e di una parte dei suoi componenti. Radio CoRa fu l’emittente costituita dal Partito d’Azione di Firenze
fra il settembre e il novembre 1943, uno dei mezzi con cui la Resistenza toscana tenne i contatti con gli Alleati. Diretta da Carlo Ludovico Ragghianti e da Enrico Bocci,
l’organizzazione comunicava con gli Alleati per trasmettere informazioni e ottenere lanci di armi nei centri della Resistenza dell’Italia occupata. Il 7 giugno 1944, i nazisti la
individuarono ed i collaboratori furono uccisi o catturati. Sei di loro, tra cui la partigiana Anna Maria Enriques Agnoletti, saranno portati proprio a Cercina e lì fucilati il 12 giugno 1944.
Altro importante luogo di scontro si trova presso la Sella degli Scollini (650 m). Qui, il 14 luglio del 1944, ci fu la battaglia di Fonte dei Seppi fra la Brigata Partigiana Bruno Fanciullacci
ed i carristi della Divisione Göering. Vi persero la vita tredici partigiani.
Un altro luogo della memoria di Monte Morello è Ceppeto, a poca distanza dal piazzale panoramico Leonardo da Vinci. Il 15 ottobre 1943 la Banda Carità incaricata di scovare i
partigiani che si erano nascosti nei boschi della montagna, uccise in uno scontro a fuoco, il capo dei partigiani Giovanni Checcucci.
Nelle vicinanze si trova anche la lapide di Silvio Rossi, ucciso durante il rastrellamento del 10 aprile 1944. Non era un partigiano, ma sorpreso dai tedeschi mentre stava lavorando al
“piantonaio”, dove crescevano i piccoli abeti destinati al rimboschimento di Monte Morello, venne freddato sul posto.

L’avvicinamento alleato a Firenze

Una volta liberata Roma, ai primi di giugno del 1944, gli alleati si mossero con le truppe della V Armata schierate lungo il settore tirrenico e quelle della VIII Armata nella restane parte della Penisola.

Liberata Siena ai primi di luglio ad opera del corpo di spedizione francese, l’avanzata nel Chianti fu affidata agli Inglesi con l’obbiettivo di arrivare fino al fronte dell’Arno.

La topografia collinare, la presenza di fiumi spesso privi di ponti fatti saltare dalle truppe di occupazione, l’abbondanza di profondi fossi che solcavano il territorio, ma anche le coltivazioni, ricche di vigneti ed oliveti, non consentirono un’avanzata rapida e lineare dei mezzi corazzati, obbligati ad aggirare gli impianti coltivi. E poi c’era il nemico con le sue micidiali mine anticarro, oculatamente piazzate nei punti strategici, e gli efficaci carri armati Tigre, appostati a difesa dei passaggi chiave, in supporto ad una ritirata “attiva” che comprendeva momenti di tenuta e contro attacco, tali da arrestare e comunque rallentare l’avanzata dell’esercito di liberazione. Queste condizioni che impegnarono i contendenti in battaglie più o meno cruente, furono talvolta causa di ingenti distruzioni e molte vittime, soprattutto su quelle direttrici per le quali i tedeschi ritenevano di bloccare l’accesso alla via per Firenze.

Alla fine di luglio le truppe inglesi con i reparti Sud Africani, Neozelandesi ed Indiani sono collocati a ridosso delle colline a sud di Scandicci, lungo la direttrice che va dall’Impruneta a Lastra a Signa.

Il superamento di questo baluardo difensivo tedesco non fu certo di facile realizzazione.

Lo schieramento del Commonwealth e l’arrivo a Firenze

Uno dei momenti più difficili che le truppe del Commonwealth dovettero affrontare per raggiungere Firenze, fu costituito dal teatro collinare che va da Giogoli a San Michele a Torri.

E proprio a San Michele a Torri ed a Pian dei Cerri, la battaglia fu particolarmente violenta, con numerosi morti da entrambe le parti.

Le truppe tedesche della 29ª Divisione Panzergrenadier, schierate sulle pendici collinari esposte a sud, si opposero con il 71°ed il 15° Reggimento di fanteria meccanizzata alla salita della 2ª Divisione neozelandese con alcune compagnie del 26°e del 24° Battaglione della 5ª Brigata. Fu quest’ultimo

che si trovò a fronteggiare il nemico nel piccolo villaggio di San Michele a Torri, combattendo casa per casa ed attorno alla chiesa, quasi completamente distrutta, una estenuante battaglia negli ultimi giorni del mese di luglio.

Conquistate le vette collinari di Scandicci, l’ultima resistenza tedesca, fu quella di Giogoli, presso Villa La Sfacciata, dove il 28° Battaglione Maori ed il 23° Battaglione della 6ª Brigata neozelandese, dovettero affrontare le opposizioni degli ultimi carri armati Tigre. Superato questo ostacolo, gli alleati si diressero verso Scandicci e Firenze, raggiungendo la mattina del 4 agosto le aree di Monticelli-Ponte alla Vittoria e Porta Romana.

I Neozelandesi al Ponte dei Cazzotti

Tra i territori raggiunti dalle truppe neozelandesi nella piana fiorentina, la mattina del 4 agosto 1944, ci sono anche le frazioni di Ugnano e Mantignano. In particolare quest’ultima località è presidiata dai mezzi dello Squadrone B del 20° Reggimento corazzato che scendendo da Villa La Sfacciata per Via di Giogoli, sarà indirizzato lungo la Greve a salvaguardare il Ponte dei Cazzotti, trovato ancora intatto per l’intervento fatto al mattino dai partigiani delle SAP locali.

Nel piovoso pomeriggio del 4 agosto anche la Cavalleria Divisionale neozelandese, scendendo da San Martino alla Palma, raggiungerà il Ponte dei Cazzotti a Mantignano, per presidiare un passaggio di rilevante interesse strategico per l’avvicinamento delle truppe alleate al fronte dell’Arno nella zona a sud-ovest di Firenze.

I Nisei al Ponte dei Cazzotti

Intorno al 20 agosto del ‘44, le forze statunitensi del 442° Regimental Combat Team si collocano sulla sponda sinistra della Greve, a cavallo del Ponte dei Cazzotti, con il 2° Battaglione a monte ed il 3° a valle.

Si tratta del reparto composto principalmente da soldati americani di origine giapponese (Nisei).

Rimarranno nella zona di Mantignano ed Ugnano fino ai primi giorni di settembre, per poi essere trasferiti sul fronte francese.

Nella loro permanenza nei pressi della sponda sinistra della Greve, alcuni soldati della Compagnia G del 2° Battaglione scriveranno sulla trave del Ponte dei Cazzotti la scritta «Los Angeles City Limits, Aug ‘44».

Tale scritta è rimasta in loco per 80 anni, quando è stato deciso di abbattere la struttura per ragioni di rischio idraulico e di costruire un’istallazione che ne ricordasse la memoria, presso il Giardino dei Caduti di Mantignano ed Ugnano dell’Agosto 1944.

Il Ponte

Il Ponte di Mantignano, conosciuto come «Ponte dei Cazzotti», collegava le due sponde del fiume Greve, nei pressi della frazione fiorentina di Mantignano.

La sua costruzione risaliva alla prima decade del ‘900, quando il Comune di Casellina e Torri, allora competente su quel territorio, decise di sostituire la vecchia passerella di legno con un ponte in cemento armato, in modo da disporre di una strada alternativa alla Via Pisana per l’accesso a Firenze.

Le frazioni d'Oltregreve erano prevalentemente borghi agricoli, i cui prodotti venivano commercializzati nei mercati fiorentini, ma anche luogo attivo di pesca di pesci, crostacei ed anfibi, sia in Arno sia in Greve, venduti in città ancora vivi all’interno di zucche impermeabilizzate e riempite d’acqua.

Per quasi un secolo il ponte ha quindi rappresentato un’importante via di comunicazione e di transito, seppure le dimensioni ridotte della sua carreggiata creassero soventi ed incresciosi alterchi, destinati a stabilire la precedenza del passaggio. Da lì il nome di «Ponte dei Cazzotti», grazie ai quali si tendeva a volte a risolvere la questione.

Protagonista di alcune vicende durante il passaggio del fronte bellico nel 1944, è stato demolito nei primi giorni di settembre 2024 per motivi di sicurezza idraulica. Il Comune di Firenze ha realizzato un progetto di musealizzazione che ha lasciato sul territorio significative tracce della sua storia e delle vicende che lo hanno interessato.

La mattina del 4 agosto

Dopo un lungo periodo di guerra e di violenza che aveva portato sofferenze, privazioni e lutti al popolo fiorentino, la città si risveglia con l'ultima ferita ancora fumante. Durante la notte, per rallentare l'avanzata delle truppe inglesi, i ponti e tutto il quartiere in prossimità di Ponte Vecchio sono stati fatti saltare in aria.

A Mantignano ed Ugnano

La mattina del 4 agosto del ‘44, i tedeschi stanno ultimando il ritiro delle loro truppe oltre l’Arno, ma alcune pattuglie permangono nella piana della Greve di presidio al ripiegamento. Nei giorni precedenti hanno minato il Ponte dei Cazzotti e l’Acquedotto di Santa Maria a Mantignano. Mostrando l’intento distruttivo, hanno fatto saltare il ponte di servizio dell’acquedotto, quello che porta l’acqua verso Firenze, rendendo ancora più precarie le già difficili condizioni della popolazione rimasta priva della risorsa idrica.

Le squadre di azione patriottica (SAP), costituite da giovani ragazzi del luogo al comando di Ascanio Taddei di 18 anni di età, hanno osservato i movimenti delle truppe di occupazione ed il loro operato.

Lo scontro a fuoco

Al ritorno della pattuglia tedesca al ponte, non si sa se per farlo saltare definitivamente, avviene uno scontro a fuoco con i ragazzi delle SAP che si rifugiano in Via del Ponticino e con le poche e misere armi di cui disponevano, si opposero come poterono all’offensiva del nemico. Una bomba a mano tedesca fu lanciata verso i partigiani, rimanendo fortuitamente inesplosa vicino a loro.

Dopo una tenace sparatoria, i tedeschi, ormai pronti per oltrepassare l’Arno, decisero di abbandonare la zona, lasciando i ragazzi delle SAP orgogliosi di aver saputo fronteggiare il nemico che per molto tempo si era dimostrato prepotente ed infido.

Lo sminamento dell’acquedotto

Nelle prime ore del pomeriggio del 4 agosto, i protagonisti degli scontri armati al Ponte di Mantignano ed in Via del Ponticino, aiutati dalle SAP di San Giusto che disponevano di una mitragliatrice pesante, decidono di rendere inoffensive anche le mine messe dai tedeschi all'acquedotto. Sparano contro le finestre della struttura alcuni colpi di avvertimento. Non avendo ricevuto risposta, entrano all’interno dell’edificio e tolgono le mine che erano state collocate alle grandi pompe di spinta.

Le esplosioni di Via di Fagna

Dopo l'intervento all'acquedotto, i gruppi delle SAP si trovano in Via di Fagna per proseguire l'opera di bonifica delle mine anticarro, segnalate nei pressi della Chiesa di Santo Stefano ad Ugnano. L’inesperienza dei ragazzi ed il destino porteranno a due distinte esplosioni nelle quali perderanno la vita Dino Catarzi di Scandicci, Alfredo Marzoppi di Ugnano, Gino Del Bene di San Bartolo a Cintoia

ed Ascanio Taddei di Mantignano. Un quinto ragazzo, Silvano Masini di Mantignano, nel tentativo di attraversare l’Arno, verrà ucciso da una mitragliatrice tedesca posta sull’altra sponda del fiume.

L’epilogo ed i funerali

La morte dei cinque ragazzi aveva lasciato profondamente sconvolta la popolazione di quella plaga distesa lungo la Greve, già provata dai difficili momenti della guerra e dalle atrocità naziste.

Fu quindi deciso di celebrare un funerale commemorativo che unisse le comunità di Mantignano, Ugnano e San Bartolo a Cintoia e ricordasse il sacrificio dei ragazzi delle Squadre di Azione Patriottica.

Le bare furono esposte nella camera ardente preparata presso la Casa del Popolo di Via del Chiuso a Mantignano.

Poi furono caricate a spalla e portate in corteo a piedi, verso San Bartolo a Cintoia, passando per il Ponte dei Cazzotti, quel ponte che i ragazzi avevano difeso e salvato con grande coraggio.

Mesto e commovente il corteo raggiunse il Parco della Rimembranza di San Bartolo, per tornare, sempre a piedi, alla Chiesa di Santa Maria a Mantignano per le funzioni funebri.

L’atto di coraggio dei ragazzi delle SAP è ricordato con una lapide che il Comune di Firenze realizzò nel 50° della Liberazione, collocata a Mantignano nel Giardino «Caduti di Mantignano e Ugnano Agosto 1944».

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